UN VIAGGIO DI MILLE MIGLIA COMINCIA DA UN SINGOLO PASSO
Enrico Pirovano, 50 anni di calcio.
“Può sembrare banale ma ci tengo tantissimo, prima di iniziare a parlare di qualunque cosa, a ringraziare la mia famiglia. Tutto quello che scriverai dopo senza di loro non sarebbe stato possibile: quindi grazie Paola e grazie Letizia ed Alessio”.
Poche parole, ma sentite, è il modo in cui Enrico Pirovano, nato a Casatenovo il 7/02/1954, presenta sé stesso. Un uomo dall’aspetto burbero di primo acchito ma dotato di occhi così espressivi da far pensare ad un personaggio di un film di Sergio Leone.
Enrico è la quint’essenza del lavoro sul campo prima come giocatore passando poi ad allenatore, preparatore dei portieri, aiuto allenatore…insomma: un vero e proprio totem in campo!
“Penso che la mia grande fortuna sia stata quella che da giocatore per 25 anni ho sempre militato in squadre che cercavano di vincere ed è stato così stimolante da farmi rimanere ancora qui”.
Di soddisfazioni sportive Pirovano ne ha avute moltissime ma, come in amore, la prima non si può dimenticare: “Mi emoziono ancora a pensare al mio primo riconoscimento come miglior portiere che ho ricevuto a 12 anni, dopo aver vinto il campionato con il club del mio paese il “Valaperta” (Frazione di Casatenovo ndr). L’onore è doppio visto che, ancora oggi, è esposto nella casa parrocchiale del paese: è partito tutto da lì”.
Un antico proverbio cinese recita che “Un viaggio di mille miglia comincia da un singolo passo” e mai frase sembra più azzeccata per descrivere il viaggio di Enrico: “Due anni dopo quel premio l’allenatore della squadra Juniores, il grande giocatore della Triestina Alfio Sacchetti, crede nelle mie qualità e mi fa fare il salto di categoria. Vinciamo subito il campionato e l’anno dopo a nemmeno 16 anni gioco in prima squadra in seconda categoria. Manco a dirlo si vince nuovamente il campionato, così vengo convocato nella rappresentativa di Como e vinciamo il torneo delle Regioni nella finale di Reggio Emilia. A questo punto vengo contattato dalla Malgiorgi Cantù in promozione, vado in ritiro, disputiamo anche un’amichevole di prestigio col Como ma ci fu un imprevisto: Il presidente della Casatese, Rinaldo Villa, fa di tutto pur di convincermi ad accettare la corte della squadra di Casatenovo e accettai. Coincidenza volle che dopo due anni circa, i due allenatori che mi vollero a Cantù, Barzaghi e Ripamonti, vennero a Casatenovo e furono 6 anni bellissimi”.
Sei anni indimenticabili che hanno cambiato non solo Enrico ma anche la geografia del calcio italiano dove la piccola Casatese, dalla promozione, arrivò fino tra i professionisti in Serie C: “Era una storia bellissima, da film oserei dire. Purtroppo dopo due anni in C accade che il presidente debba abbandonare per motivi personali mettendo fine al sogno casatese”.
La storia non finisce qui però, anzi, la strada del professionismo non è finita: “ Tante squadre mi cercano ma la mia attenzione cade su una squadra che nonostante sia in promozione è ambiziosa e vuole tornare tra i professionisti: la Pro Sesto. In cinque anni passiamo dalla promozione alla serie C: un grande ambiente per i giovani, per fare il grande salto infatti ricordo i miei compagni come Carrera che poi andò alla Juve oppure Cerrone, Nava e Pellicchi al Milan e Franchini all’Inter”.
Sono anni in cui Milano è al centro del calcio mondiale con l’avvento al Milan di un presidente che ha regalato uno dei cicli più vincenti della storia del calcio, Silvio Berlusconi di cui Enrico fu involontario testimone: “Quando Berlusconi comprò il Milan fece un’amichevole contro di noi a Sesto e fu l’occasione per una grandissima festa pagata tutta da lui. Ricordo in sede i giocatori del Milan, i nostri dirigenti tutti insieme a festeggiare”.
Non solo Milan ma anche amichevoli contro Inter, Parma, Torino e avversari prestigiosi in campionato come Sassuolo, Chievo, Venezia, Entella e Cremonese.
Come se non bastasse, Pirovano Enrico da Casatenovo ha avuto un tete-a-tete con il più grande di tutti i tempi: Diego Armando Maradona. Ma come andò quell’incontro? “Quando il Napoli giocava a San Siro veniva da noi al Breda per la rifinitura. Un giorno sulla copertina del giornale pre partita c’era la mia foto allora mi si avvicina e mi chiede se fossi io quello in copertina! Pazzesco, Maradona a me. Allora prese il giornale e mi autografò la copertina che conservo ancora a casa, era incredibile si metteva a palleggiare con le arance per farci vedere quanto fosse bravo”.
Ma il tempo, si sa, è tiranno e niente può durare per sempre: “Dopo 8 anni di impegni, di assenze in famiglia e nonostante i grandi riconoscimenti che mi sono arrivati sento che il mio tempo stava arrivando alla fine come giocatore. La Pro Sesto, che ringrazierò sempre, lo capisce e come ringraziamento mi regala il cartellino. Un amico del Seregno Calcio mi contatta e mi chiede se volessi fare ancora qualcosa e firmo per due anni. Gioco il primo, vinco il riconoscimento come miglior atleta per rendimento ma non è sufficiente: a 36 anni capisco che è giunto il momento di dire basta”.
Una carriera lunga e soddisfacente: “ Non ho rimpianti, ho avuto tanto e son riuscito anche a mantenere il mio posto di lavoro grazie ai permessi per allenarmi che il mio datore di lavoro il sig. Cazzaniga mi ha concesso. Ho vinto tanto e ho avuto interessamenti, che per un motivo o per un altro non son mai andati a buon fine con squadre come il Monza, il Genoa, la Salernitana, il Como e l’Atalanta quindi sono soddisfatto”.
Ma quando il campo ce l’hai dentro in questo modo non si può restare fermi troppo a lungo: “Smetto di giocare qualche mese mi riposo in famiglia ma a gennaio ’91 mi chiama il presidente della Casatese per sostituire l’allenatore appena esonerato. La squadra stava retrocedendo, così ci penso su ma le persone che erano lì, conoscendomi, mi spingono ad accettare centrando così una salvezza molto emozionante. L’anno successivo allora continuo e le cose vanno ancora meglio e centriamo la vittoria e veniamo promossi in promozione. Solo che dopo alcune partite e l’avvento di nuovi soci al timone ho avuto delle incomprensioni che con grande rammarico dei miei giocatori mi hanno spinto a lasciare”.
Ma ormai il seme del prosieguo di carriera era germogliato in Enrico: “Il mio amico Crippa allenava a Lomagna e aveva qualche difficoltà, così accettai di dargli una mano. Beh da dare una mano sono rimasto sette anni con un gruppo che con umiltà, voglia di lavorare e spirito di sacrificio, unito ad un pubblico sempre crescente, è riuscito a passare dalla terza categoria alla promozione”.
Pirovano, ormai lo avrete capito, è uomo da aprire lunghi cicli ma allo stesso tempo è bravissimo a capire quando il suo tempo arriva alla fine: “Mi contattano da Usmate per fare il preparatore dei portieri per tutto il settore giovanile e la prima squadra, oltre che il vice allenatore in Eccellenza. Rimango altri otto anni, di cui al settimo prendo in mano la squadra in zona retrocessione e ci salviamo facendo 14 punti su 18 disponibili. Potrei continuare ma a fine stagione ho preferito tornare a fare il ruolo che mi competeva e con l’abbandono del presidente ho deciso di lasciare anche io, andando a Rugginello in seconda categoria e vincendo anche li il campionato. Dopodiché l’arrivo alla Nuova Ronchese, con la cavalcata fino alla promozione ed infine la fusione che ci ha portato speranze sempre nuove e nuovi orizzonti di crescita con la Vibe”.
Una cavalcata lunghissima che ha lasciato tanto dentro Enrico: “Quello che ho imparato è che è sempre bello lottare per vincere ad ogni categoria. I miei ingredienti per vincere in uno sport di squadra sono sicuramente il rispetto, perché ogni componente deve saper rispettare il lavoro altrui e l’aiutare il compagno in difficoltà. Il pensiero personale deve essere costruttivo ed esposto nelle dovute sedi”.
La lezione più bella di Enrico è quella che ci lascia proprio per il finale: “Nella vita, come nello sport, non bisogna aspettare regali se vuoi ottenere dei risultati nel lavoro, nello studio, nello sport devi dare il meglio di te stesso se vuoi arrivare a risultati importanti. Agli allenatori invece consiglio una cosa, la mia parola d’ordine: prima INSEGNARE poi ALLENARE”. Parola di Pirovano Enrico.
Niccolò Arenella